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Falò di inizio anno

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Falò di inizio anno
Tipolocale
Datasera del 5 gennaio
Celebrata inFriuli-Venezia Giulia, Veneto, provincia di Parma, provincia di Reggio Emilia
Oggetto della ricorrenzarito propiziatorio per i raccolti delle campagne
Oggetti liturgicifuoco
Ricorrenze correlateEpifania
Casera che brucia.

I falò di inizio anno sono una tradizione popolare dell'Italia nord-orientale e dell’Emilia occidentale consistente nel bruciare delle grandi cataste di legno e frasche nei primi giorni di gennaio (solitamente la vigilia dell'Epifania). Data la sua larga diffusione, ne esistono moltissime versioni e denominazioni: in Friuli è chiamato in diversi modi: pignarûl (Friuli Centrale), cabosse (nella bassa Friulana), seima in Bisiacaria, falop, foghere/foghera/fogoron oppure caséra nelle zone vicino al Tagliamento del Friuli Centrale e Occidentale. Nella parte che confina con il Veneto e nelle provincie venete di Treviso e Venezia panevìn o panaìn (da pan e vin "pane e vino", in segno di augurio per un anno di abbondanza), ma anche panèra, capàn, pìroła-pàroła, vècia ("vecchia": le pire possono assumere la forma di un fantoccio), fogherada e bubarata (Padova), nel Veronese e nel Polesine briolo, buriolo, brugnèlo, brujèo, bruja e simili, così come a Mantova è il burièl. In provincia di Parma e Reggio Emilia è chiamata Fasagna. Nelle zone di Bologna e Modena vi è l'usanza di bruciare un fantoccio raffigurante un vecchio (falò del vecchione, vciån in bolognese), come sul Lago Maggiore, dove è chiamata se brüsa ul vécc.

Origini e tradizioni

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Panorama della Casera.
Pira raffigurante la "vecia".

Sembra che questa usanza derivi da riti purificativi e propiziatori diffusi in epoca pre-cristiana. I Celti, per esempio, accendevano dei fuochi per ingraziarsi la divinità relativa e bruciavano un fantoccio rappresentante il passato. Mentre il falò ardeva, i contadini in cerchio gridavano e cantavano varie formule augurali[1].

Rimasta intatta come rituale da svolgersi nella vigilia dell'Epifania, ancor oggi la fiamma simboleggia la speranza e la forza di bruciare il vecchio (non a caso si può bruciare la "vecchia" posta sopra la pira di legna).

Il rogo è talvolta benedetto dal parroco e lo scoppiettare dell'acqua santa nel fuoco viene identificato con il demonio infuriato che fuggiva.

La direzione del fumo e delle faville (talvolta alzate di proposito dai contadini usando una forca) viene letta come presagio per il futuro. Si notino i seguenti detti popolari:

(veneto)
«Pan e vin,
ła pinsa soto el camin.
Faive a ponente
panocie gnente,
faive a levante
panocie tante
»
(italiano)
«Pane e vino,
la pinza sotto il camino.
Faville a ponente
pannocchie niente,
faville a levante
pannocchie tante
»
(veneto)
«Fuive verso sera
poenta pien caliera.
Fuive verso matina
poenta molesina.
Fuive a meodì
poenta tre olte al dì.
Fun a bassa
poenta pien cassa
»
(italiano)
«Faville verso ovest
calderone pieno di polenta.
Faville verso est
polenta molliccia.
Faville verso nord
polenta tre volte al giorno.
Fumo verso sud
cassa piena di polenta
»
(friulano)
«Se il fum al va a soreli a mont,
cjape il sac e va pal mont.
Se il fum al va a soreli jevât,
cjape il sac e va al marcjât
»
(italiano)
«Se il fumo va a occidente,
prendi il sacco e vai per il mondo [emigra].
Se il fumo va a oriente,
prendi il sacco e vai al mercato [a vendere il raccolto]
»
(emiliano-romagnolo)
«Fasagna, Fasagna
ogni bròc' una cavagna
Fasagna, Fasagnón
ogni bròc' un cavagnón
»
(italiano)
«Fasagna, Fasagna
per ogni ramo un cesto
Fasagna, Fasagnone
per ogni ramo un cestone
»

Un'altra credenza ritiene che la caduta della croce o del palo che sostiene le pire possa portare male. In alcune zone esso doveva restare in piedi per almeno otto giorni.

Il rito dei fuochi è anche un momento in cui la comunità si raccoglie per stare in compagnia. Viene accompagnato dalla degustazione di vin brulé e di pinza, focaccia tipica di questa festa e cotta talvolta tramite gli stessi roghi. Attualmente, per l'occasione possono venire organizzati spettacoli pirotecnici.

Tradizioni analoghe

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In Romagna, nella sera prima di san Giuseppe, il 18 marzo, ovvero alla vigilia dell'anno romano, si usa bruciare la Fogheraccia. Sempre in onore a san Giuseppe, si brucia una grande catasta ad Itri[2], mentre a Torre Le Nocelle in onore a san Ciriaco, il 15 marzo[3].

Nelle province lombarde di Como, Lecco, Monza, Milano e Varese si pratica il rito della Giubiana/Giobia, in cui a Gennaio si brucia in un grande rogo un fantoccio rappresentante una donna.[4]

In svariate popolazioni con origini celtiche o germaniche, in prossimità dei solstizi, si praticano festeggiamenti derivati dal rito del Nodfyr.

  1. ^ Cagnin, p. 69.
  2. ^ Tradizioni, su visitaitri. URL consultato il 7 gennaio 2017.
  3. ^ Florindo Cirignano, I falò di San Ciriaco a Torri le Nocelle, su torrelenocelle.com. URL consultato il 7 gennaio 2017.
  4. ^ Giubiana, in Wikipedia, 7 dicembre 2024. URL consultato il 5 gennaio 2025.
  • Plinio Cagnin, Volta 'a carta. Motivi tradizionali di Cappella e dintorni, Scorzè, La Tipografica, 1992, pp. 69-74.
  • Luciano Morbiato, L'inizio dell'anno e il panevin, in Manlio Cortelazzo (a cura di), Manuale di Cultura veneta, Padova, Marsilio, 2004, pp. 187-201.
  • Riccardo Bertani, Religiosità e credenze popolari, scorci di vita contadina nell'alternanza delle stagioni, Reggio Emilia, Artigrafiche De Pietri, 2005.

Voci correlate

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